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Nutrirsi localmente per vivere
tutelando le persone, le terre e l'ambiente
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umanità • alimenti • suolo • disobbedienza

L'industria alimentare non può fare ciò che riescono a realizzare i contadini localmente e quindi grazie alla pubblicità li emula; ma non esiste nulla di semplice, sentimentale, emozionale, altamente nutrizionale, naturale, sostenibile, eco-friendly, green, altruista, etico e manualmente creato dall'uomo in un alimento industriale, ma tramettere questi pregi è il primo compito degli spot pubblicitari che però non devono promuovere la vendita di scarpe, televisori o automobili ma qualcosa che abbia lo scopo di entrare nel nostro corpo, nel nostro sangue, al fine di nutrire i nostri organi vitali e dovrebbe farlo al meglio grazie ad alimenti "vivi", nati in terre sane e senza invece consumarle con la chimica di sintesi per poi commercializzare quei cibi aggiungendo additivi e conservanti.
Voi non avete le scatole piene di tutta questa enorme finzione pubblicitaria pressante dei cibi industriali?
Io si! Quindi perché non giocare a rispondere con le stesse parole, regole, luoghi comuni, atmosfere e musiche? Perché non farlo sorridendo ma mostrando la verità che viene opportunamente celata?
il pollice verde non basta

serve il medio sostenible
PRRR 4.0 (Non è mangiando insalatina di campo che si fa la rivoluzione...)

Altri video più brevi e variegati li trovate e li troverete sul canale youtube @mediosostenibile a questo link
Lo scopo della diabolica pubblicità alimentare è quello di allontanarci dalle tante verità dei processi dell'industria, dalla scarsa densità nutrizionale degli alimenti industriali rispetto a quelli contadini, dall'inquinamento provocato dai milioni di chilometri percorsi ogni anno su strada, in mare e in aria per il trasporto di prodotti che vengono creati anche grazie alle ingiustizie lavorative che nascono sfruttando paesi poveri nel ciclo produttivo; lo chiamano "outsourcing", un meccanismo per il quale molte aziende vengono sovvenzionate con soldi pubblici (quindi nostri) per decentralizzare le proprie produzioni in paesi esteri più "convenienti" da sfruttare: purtroppo lo chiamano anche progresso.
Quando si mettono le mani sul carrello della spesa lo si fa senza chiedersi "come è stato fatto quell'alimento?", "ma non è che se costa poco è perché vale poco?", "se acquisto alimenti industriali in fondo contribuisco al degrado ambientale?", "perché le aziende dell'industria alimentare non pagano per i danni recati alla terra e all'ambiente e se lo facessero, i loro prodotti avrebbero prezzi così bassi?", "per quale motivo non si dice mai che gli alimenti sani sono la prima cura per la salute delle persone?". Noi non riflettiamo non perché siamo stupidi, ma più semplicemente perché i produttori delle industrie alimentari nei loro spot pubblicitari parlano tutti la stessa lingua che serve a distrarci dalla realtà in maniera da farci sognare e desiderare quei prodotti, garantendosi il nostro coinvolgimento emotivo e occultando le loro reali azioni negative evitando di farci riflettere che se cambiassimo le nostre abitudini alimentari in massa cambieremmo le sorti del pianeta.
Alla fine accadrà, come sempre, che il prezzo per questa finzione continueremo a pagarlo noi con il degrado del nostro benessere insieme a quello del suolo, della natura e se adesso, oggi, noi non scegliamo il giusto luogo dove fare la spesa alimentare e cioè non consumiamo alimenti locali e contadini nati rispettando la terra, quel prezzo incolmabile da pagare ricadrà sui nostri figli grazie all'esattore della catena industriale alimentare che consuma continuamente acqua e suolo: la sua pubblicità.
Noi abbiamo il diritto e il dovere di scegliere l'indipendenza intellettuale, culturale, alimentare e maggiormente mangiamo cibo locale, meno il sistema alimentare industriale regna a scapito della nostra salute, di quella della natura della quale anche noi esseri umani facciamo parte: pregiudicare la fertilità del suolo significa aggredire anche la nostra vita.
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